L'impagliatrice.
L'intreccio in un racconto di Guy de Maupassant



Capita raramente di incontrare dei testi letterari che parlano di cesteria, o più estesamente di intrecci vegetali. E quando capita, è sempre un'occasione per osservare quest'arte da un punto di vista inconsueto, diverso da quello di chi la pratica, e proprio per questo prezioso.

L'impagliatrice (titolo originale, La rempailleuse) è un racconto del 1882 di Guy de Maupassant, pubblicato nella raccolta I racconti della beccaccia.
Al di là del merito letterario, questo breve racconto ci offre un bozzetto etnografico del mestiere dell'impagliatore di sedie, così come veniva svolto in Francia nella seconda metà dell'Ottocento.
Questo mestiere si eredita dai genitori ed è anche, e soprattutto, un modo di vivere, viaggiando sulla roulotte trainata da un cavallo, ovvero una casa-bottega su ruote. È un mestiere umile, che colloca chi lo esercita in fondo alla scala sociale, ma che non impedisce alla protagonista di risparmiare denaro, né di sperperarlo in cerca di affetto.
Maupassant racconta la vita dell'impagliatrice dalla prima infanzia fino alla morte, sempre a bordo della roulotte, quasi come se il mestiere fosse all'origine della sua esistenza solitaria e della sua assurda passione. La vita vagabonda e misera, con la sola compagnia di un cavallo e due cani, e il lavoro lento e ripetitivo di aggiustare vecchie sedie, isolano la donna dal resto della società e del mondo: in questo isolamento il suo folle amore appare quasi come un'ancora di salvezza, seppur patetica. Il genio del naturalismo insinua però un dubbio sottile, o almeno questo è ciò che io ricevo dal suo racconto, e cioè che l'impagliatrice non sia del tutto da compatire; anzi, che sia una persona libera e autosufficiente, proprio grazie al suo particolare mestiere.

Arianna Ancarani


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